IL GATTO E LO ZODIACO

Un'altra leggenda orientale ci spiega perche' il gatto
non figura tra gli animali dello zodiaco.
In Cina e in Giappone si racconta che alla morte di Buddha
tutti gli animali erano riuniti intorno alle sue spoglie.
Un gatto uccise allora un topo che leccava l'olio della lampada.
Per aver commesso un tale crimine (l'uccisione di un essere vivente)
il gatto fu escluso dallo zodiaco.

IL GATTO UCCISE IL SORCIO DEMONIACO

Una leggenda russa narra di un cane e di un gatto che fanno la guardia alle porte del Paradiso.
Ecco che Lucifero cerca di entrare prendendo le sembianze di un topo.
Il cane lo lascia passare, ma il gatto gli si avventa contro.

ARADIA LA STREGA

Prima della creazione del mondo esisteva
una Dea dell'Oscurita', Diana,
la quale si divise in un elemento maschile,
luminoso e in un elemento femminile, scuro:
la parte maschile divenne
il fratello di Diana, Lucifero.
Diana, innamorata di Lucifero,
ebbe da lui una figlia, Aradia,
la prima strega di cui si ha notizia.
I leggendari rapporti tra le streghe e
i gatti nacquero dunque, secondo questa leggenda,
dopo che tra Aradia, inviata sulla terra
dalla madre Diana per insegnare all'umanita'
i segreti della magia nera, e il gatto di Lucifero,
suo padre, si instauro' un rapporto molto intenso.

GIACOBBE E IL GATTO

Dopo l'episodio di Eva e del serpente, Dio scaccia l'uomo dal Paradiso Terrestre, facendo scendere una notte molto scura e scatenando un vento violento. Giacobbe, il terzo figlio di Adamo, si lamenta: vorrebbe tornare in Paradiso... Un gatto e' commosso per la disperazione del fanciullo ed essendo capace di vedere nell'oscurita', si offre come guida. Tutti e due si mettono in cammino. Poco dopo vengono raggiunti da un riccio, il quale assicura che il suo fine fiuto sara' loro utile. I tre arrivano ben presto nel deserto dove non trovano di che nutrirsi; la disperazione si impadronisce allora dei viaggiatori che non sanno cosa fare. Il gatto decide cosi' di uccidere il riccio e di mangiarlo insieme a Giacobbe... I due ripartono. A un tratto dal bastone impugnato da Giacobbe spuntano germogli e sbocciano innumerevoli fiori (tale sara' l'origine del bastone di Giacobbe, la bacchetta del prestigiatore). il gatto e Giacobbe arrivano alla porta del Paradiso, severamente custodita da un Angelo di Fuoco. Il gatto dice a Giacobbe di piantare il suo bastone: questo produrra' delle sementi che si spargeranno sulla terra. L'Angelo raccomanda di trasmettere ai loro discendenti il segreto del cammino verso il Paradiso. Secondo questa leggenda, esistone dunque sulla terra un uomo e un gatto (ma chissa' quali ?) depositari di questo segreto.

IL GATTO SINH

In Birmania, il gatto era un tempo oggetto di un culto totemico. Si dice che i sacerdoti, Kittah, avevano il potere, al momento della loro morte, di reincarnarsi nel corpo di un gatto. Per sfuggire ai bramini che massacravano, i Kittah costruirono il tempio sotterraneo di Lao-Tsun, ben nascosto sulle montagne del nord della Birmania. Nel tempio viveva un venerabile sacerdote di nome Mun-Ha, che per tutta la vita aveva adorato Tsun-Kiantse, la dea dagli occhi di zaffiro. Nel tempio, insieme a Mun-Ha, viveva anche il gatto Sinh, suo oracolo. Una sera, mentre gli invasori siamesi, alleati dei bramini, minacciavano il tempio, Mun-Ha mori'. I Kittah videro allo il gatto Sinh balzare sulla testa del suo defunto maestro: le sue zampe, purificate dal contatto, divennero bianche e il suo pelo dorato come la barba del sant'uomo; gli occhi del gatto divennero blu come quelli della dea, che accarezzo' la sua testa con la mano. Il gatto suggeri' allora ai sacerdoti di sbarrare la porta a sud: i Siamesi furono cosi' respinti. Sinh rimase immobile davanti alla statua e mori' sette giorni dopo il suo maestro, portando la sua anima alla dea. Sette giorni dopo la morte di Sinh, i Kittah si riunirono per trovare un sostituto di Mun-Ha. Fu allora che apparve una processione di cento gatti simili a Sinh: essi circondarono il piu' giovane dei sacerdoti, indicandolo come il successore cercato.

SPIEGEL FA UN AFFARE

Un gatto si nome Spiegel, che deve il suo nome al proprio pelo lucente come uno specchio (in tedesco infatti significa specchio) diventa improvvisamente povero alla morte della sua vecchia padrona. Si sa che la necessita' aguzza l'ingegno e cosi', magro e affamato com'e', Spiegel non puo' far altro che stringere un patto "mefistofelico" con lo stregone Mastro Pineiss. In cambio di un vitto succulento per tre mesi, promette al mago di cedergli alla scadenza pattuita il suo grasso, che servira' da prezioso ingrediente per incantesimi. Chiaramente Spiegel, da buon gatto, impiega i tre mesi di vitto gratuito per inventare un modo per salvarsi la pelle (e il grasso naturalmente) e, allo scadere del patto, svela al mago il nascondiglio di un favoloso tesoro, dote di una bellissima principessa per l'atteso principe azzurro che, altri non e', a detta del gatto ovviamente, che il mago Pineiss in persona. Questi dunque ringrazia il gatto e lo lascia libero, ma nel talamo nuziale la bellissima principessa si rivela un'orribile megera, degna moglie di un crudele, ma ingenuo e poco furbo, stregone. Inutile dire che Spiegel se la spasso' per molto tempo con la pancia piena!

SI RACCONTA CHE...

...gli escrementi del gatto mescolati con la mostarda erano il rimedio per le piaghe, il fegato essicato di gatto guariva piaghe e ascessi, la rogna, l'epilessia e l'orticaria, mentre per curare le lacerazioni dell'utero era considerato miracoloso un impasto a base di escrementi di gatto amalgamati con resina e olio di rose. Sognare un gatto che graffia e' un segno infausto per l'uomo. Anche nei sogni la presenza del gatto non fa dunque presagire nulla di buono. Sognare dei gattini significa essere circondati da inganni e gelosie, mentre sognare un gatto annuncia perfidia e tradimento mascherati da buone parole. Si diceva che la coda del gatto contenesse un veleno e che l'animale l'agitasse frequentemente perche' era "il capello del diavolo".Per questo veniva barbaramente mutilata: tagliandola, si sottraeva al gatto la possibilita' di trasformarsi in stregone.

LA GATTINA INNAMORATA

C'era una volta una bella gattina pazzamente innamorata di un bel principe che non si dava pace e si disperava per questo suo amore evidentemente irrealizzabile, finche', un bel giorno, una fata, impietosita dalle sue lacrime, non la muta in una bellissima fanciulla dai capelli d'oro. Il principe, vedendola, se ne innamora e la vuole sposare. Ma in una notte di luna piena, mentre gli sposi riposano felici, ecco che un topo appare all'improvviso nella stanza: la gattina imprudente scende dal letto e... zac, in un sol balzo uccide il topo. Il topo acciuffato e' pero' una ben magra consolazione, visto che in questo modo la gattina viene smascherata.

FAVOLE  e  LEGGENDE
IL GATTO E LA FATA MORGANA

Un gatto si era innamorato di una splendida giovinetta; egli pregò Morgana di trasformarlo in un uomo. La Fata provò pietà per la sua passione amorosa e lo trasformò in un affascinante fanciullo. Come la giovinetta lo vide, se ne innamorò e lo portò a casa sua. Mentre se ne stava sdraiato sul letto, Morgana volle sapere se il gatto avesse mutato con il corpo anche la sua indole e lasciò andare in mezzo alla stanza un topolino. Quello allora, dimenticandosi della situazione in cui si trovava, balzò giù dal letto, ma inciampò in una tenda della camera e il topo scomparse.
La Fata e Regina Morgana sorridendo gli tese la mano e accolse gli amanti nel suo Castello cangiandoli in cavaliere e dama”.
IL GATTO DI MAN

La leggenda del Gatto di Man, originario gatto di mandell’omonima isola, situata tra l’Inghilterra e l’Irlanda, narra di come il felino fu vittima dell’Invincibile Armada di Filippo II di Spagna, formata, come si evince da alcune fonti storiche, non solo da soldati ma anche da pirati. Sempre secondo la leggenda, quest’ultimi avrebbero tagliato le code di tutti i gatti dell’isola per adornare i loro cappelli. A seguito di queste crudeltà ebbe inizio una rivolta “gattesca” in cui le madri-gatto decisero di far nascere i loro cuccioli senza coda...
Un’altra leggenda sul Gatto di Man narra di quando, durante il Diluvio Universale, due gatti si presentarono all’imbarco dell’Arca di Noè. Giunti in ritardo, salirono a bordo nel momento in cui la porta si stava per chiudere, lasciando fuori metà della loro coda. Questa leggenda giustifica perchè tale razza sia dotata di una piccolissima coda formata da solo quattro vertebre.
IL GATTO DEI BA-RONGA

Nel suo meraviglioso libro “Il Ramo d’Oro”, James Frazer, nel capitolo 2 intitolato “L’anima gatto dei ba-rongaeterna dei racconti popolari", riporta una fiaba dei Ba-Ronga (un’etnia del Sudafrica) in cui si narra come le vite di un intero villaggio fossero racchiuse nel corpo di un gatto…
Quando una delle figlie del capo tribù si sposò, volle a tutti i costi portare nella nuova casa il gatto del villaggio. I genitori sapevano bene che nel felino erano racchiuse tutte le vite e si opposero alla decisione della figlia. Alla fine però Titishan, questo era il nome della fanciulla, la spuntò portando con sé il gatto nascondendolo al marito. Un giorno, quando la ragazza si trovava al lavoro nei campi, il gatto fuggì dal suo nascondiglio, entrò nella capanna e, per fare uno scherzo, indossò l’equipaggiamento da guerra dello sposo, mettendosi a ballare e cantare. Alcuni bambini delle capanne vicine, sentendo tanto trambusto, corsero a vedere cosa stesse accadendo e scoprirono, con grande sorpresa, che il gatto faceva salti altissimi e capriole, ballando e cantando a squarciagola.
Completamente affascinati, i bambini chiesero di poter partecipare al gioco. Ricevuto un diniego, corsero allora a chiamare lo sposo che, colto da grande paura, lo uccise…
Nello stesso istante Titishan cadde a terra moribonda. Il marito, disperato, avvolse il corpo del gatto morto in una stuoia e lo portò al paese natìo insieme alla moglie.
Quando i parenti videro la giovane sposa moribonda, la rimproverarono aspramente per non aver voluto ascoltare i saggi consigli che le erano stati dati, ma alla vista della stuoia contenente il gatto morto caddero tutti esanimi uno dopo l’altro; fu così che perì tutto il Clan del Gatto.
Il marito, che era rimasto illeso, chiuse il cancello del villaggio con un ramo di palma e, tornando a casa, raccontò a tutti come, uccidendo il felino, si fosse estinta tutta la tribù della sua sposa.
LA FIABA DEI GATTI

Una donna aveva una figlia e una figliastra, e questa figliastra la teneva come un ciuco da fatica, e un giorno la mandò a cogliere cicorie.
La ragazza va e va, e invece di cicoria trova un cavolfiore: un bel cavolfiore grosso grosso. Tira il cavolfiore, tira, tira, e quando lo sradicò, in terra s'aperse come un pozzo. C'era una scaletta e lei discese.
Trovò una casa piena di gatti, tutti affaccendati. C'era un gatto che faceva il bucato, un gatto che tirava acqua da un pozzo, uno che cuciva, un gatto che rigovernava, un gatto che faceva il pane. La ragazza si fece dare la scopa da un gatto e l'aiutò a spazzare, a un altro prese in mano i panni sporchi e l'aiutò a lavare, all'altro ancora tirò la corda del pozzo, e a uno infornò le pagnotte. A mezzogiorno venne fuori una gran gatta, che era la mamma di tutti i gatti, e suonò la campanella:
- Dalin, dalon! Dalin, dalon! Chi ha lavorato venga a mangiare, chi non ha lavorato venga a guardare!
Dissero i gatti: - Mamma, abbiamo lavorato tutti, ma questa ragazza ha lavorato piú di noi.
-Brava, - disse la gatta, - vieni e mangia con noi -.
Si misero a tavola, la ragazza in mezzo ai gatti e Mamma Gatta le diede carne, maccheroni e un galletto arrosto; ai suoi figli invece diede solo fagioli. Ma alla ragazza dispiaceva di mangiare da sola e vedendo che i gatti avevano fame, spartí con loro tutto quello che Mamma Gatta le dava. Quando si alzarono, la ragazza sparecchiò tavola, sciacquò i piatti dei gatti, scopò la stanza e mise in ordine.
Poi disse alla Mamma Gatta: - Gatta mia, ora bisogna che me ne vada, se no mia mamma mi sgrida.
Disse la gatta: - Aspetta, figlia mia, che voglio darti una cosa -.
Là sotto c'era un grande ripostiglio, da una parte era pieno di roba di seta, dalle vesti agli scarpini, dall'altra pieno di roba fatta in casa, gonnelle, giubbetti, grembiuli, fazzoletti di bambace, scarpe di vacchetta.
Disse la gatta: - Scegli quel che vuoi.
La povera ragazza che andava scalza e stracciata, disse: - Datemi un vestito fatto in casa, un paio di scarpe di vacchetta e un fazzoletto da mettere al collo.
-No, - disse la gatta, - sei stata buona coi miei gattini e io ti voglio fare un bel regalo -.
Prese il piú bell'abito di seta, un bel fazzoletto grande, un paio di scarpini di raso, la vesti e disse:
- Ora che esci, nel muro ci sono certi pertugi; tu ficcaci le dita, e poi alza la testa in aria. La ragazza, quandò uscí, ficcò le dita dentro quei buchi e tirò fuori la mano tutta inanellata, un anello piú bello dell'altro in ogni dito. Alzò il capo, e le cadde una stella in fronte. Tornò a casa ornata come una sposa.
Disse la matrigna: - E chi te le ha date tutte queste bellezze?
- Mamma mia, ho trovato certi gattini, li ho aiutati a lavorare e m'hanno fatto dei regali, - e le raccontò com'era andata.
La madre, l'indomani, non vedeva l'ora di mandarci quella mangiapane di sua figlia.
Le disse: - Va' figlia mia, cosí avrai anche tu tutto come tua sorella.
-Io non ne ho voglia, - diceva lei, da quella malallevata che era, - non ho voglia di camminare, fa freddo, voglio stare vicino al camino.
Ma la madre la fece uscire a suon di bastonate. Quella ciondolona cammina cammina, trova il cavolfiore, lo tira, e scende dai gatti.
Al primo che vide gli tirò la coda, al secondo le orecchie, al terzo strappò i batti, a quello che cuciva sfilò l'ago, a quello che tirava l'acqua buttò il secchio nel pozzo: insomma non fece altro che dispetti per tutta la mattina, e loro miagolavano, miagolavano.
A mezzogiorno, venne Mamma Gatta con la campanella: - Dalin, dalon! Dalin, dalon! Chi ha lavorato venga a mangiare, chi non ha lavorato venga a guardare!
-Mamma, - dissero i gatti, - noi volevamo lavorare, ma questa ragazza ci ha tirato la coda, ci ha fatto un sacco di dispetti e non ci ha lasciato far niente!
-Bene, - disse Mamma Gatta, - andiamo a tavola -.
Alla ragazza diede una galletta d'orzo bagnata nell'aceto, e ai suoi gattini maccheroni e carne. Ma la ragazza non faceva altro che rubare il mangiare dei gatti.
Quando s'alzarono da tavola, senza badare a sparecchiare né niente, disse a Mamma Gatta: - Be', adesso dammi la roba che hai dato a mia sorella.
Mamma Gatta allora la fece entrare nel ripostiglio e le chiese cosa voleva.
- Quella veste là che è la piú bella! Quegli scarpini, che hanno i tacchi píú alti!
- Allora, - disse la gatta, - spogliati e mettití questa roba di lana unta e bisunta e queste scarpe chiodate di vacchetta tutte scalcagnate -.
Le annodò un cencio di fazzoletto al collo e la congedò dicendo: - Adesso vattene, e mentre esci, ficca le dita nei buchi e poi alza la testa in aria.
La ragazza uscí, ficcò le dita nei buchi e le si attorcigliarono tanti lombrichi, e piú faceva per staccarseli, piú s'attorcigliavano. Alzò il capo in aria e le cadde un sanguinaccio che le pendeva in bocca e lei doveva dargli sempre un morso perché s'accorciasse. Quando arrivò a casa cosí conciata, piú brutta di una scoppiettata, la mamma ne ebbe tanta rabbia che morí. E la ragazza a furia di mangiar sanguinaccío, morí lei pure. Mentre la sorellastra buona e laboriosa, se la sposò un bel giovane.

Cosí stettero belli e contenti, Drizza le orecchie che ancora li senti. (Terra d'Otranto).